si porta a roma… il parrucchiere cinese

Ebbene si, anche il fuorisede fuoriposto almeno una volta al mese si taglia i capelli. Magari contestualmente se li lava anche, si spera… Esclusa a priori la possibilità di andare da un parrucchiere vero – che giustamente chiederà un compenso – non ci crederete ma rimangono ancora ben due alternative. Possibilità 1: si provvede in casa, con la macchinetta che al massimo può sfiorare i 30 euro una tantum. Certo in questo caso bisogna rassegnarsi a limitare le velleità di costruzione della propria identità attraverso i capelli. Ma tant’è, si sceglie un taglio “essenziale”, rasato, facile, comodo. Pur vero è che se c’hai la faccia brutta come la peste meglio i capelli lunghi che almeno attraggono l’attenzione altrove. E poi se si decide per questa funesta via bisogna stare attenti a chi si affidano le responsabilità di taglio. “No ma io li taglio sempre al mio coinquilino fammi fare a me” può assumere una sfumatura abbastanza inquietante se pronunciato da una che tutto quello che c’ha in testa è un ciuffo verde acido.

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Se la suddetta ciuffo-verde è la vostra unica amica, o se magari siete un esemplare femmina di fuorisede fuoriposto, c’è la possibilità che uno sprazzo di ragionevolezza vi inviti a non tagliare in casa i capelli lunghi. Non vi abbattete, c’è la possibilità 2 che vi salverà testa e portafogli… rullo di tamburi… il parrucchiere cinese! Ebbene si, i cinesi a Roma, ma credo un po’ dappertutto, si so messi pure a tagliare i capelli. Li trovate ovunque, a piazza Vittorio e dintorni, certo, ma anche altrove. Onesto lavoro, senza dubbio, e vi assicuro che andare dalla parrucchiera cinese può essere la cosa più divertente del mondo… soprattutto se non è la tua testa a essere “sotto taglio”.

Si inizia a ridere fin dall’inizio quando la cinesina supersorridente chiede: “che taglio facciamo?”. Nella sua mente già sa benissimo di saperne fare uno e uno solo – cioè quello che ha intesta lei stessa-, ma vuole far finta che l’idea della proprietaria dei capelli conti qualcosa. In sostanza va così: la cinesina fa finta di non capire che taglio voglia la disgraziata, entra in gioco la gestualità, è un tira e molla continuo… in pratica la cinese gioca allo sfinimento. Quando la cliente è ben scocciata le propone un “caschetto semplice”. Nella mia mente un lampo: “ma ce ne sono anche di complicati?!”

In ogni caso la disgraziata si rassegna, si lascerebbe fare qualunque cosa da quella donna: ormai si è dentro e si deve ballare. Le si concede una mal riposta fiducia, e quindi il taglio inizia. E molto semplicemente non finisce. Cioè la cinese impiega circa 2 ore 2. Considerando che per sta pagliacciata intascherà al massimo 10-12 euro, la sua insipienza rende il lavoro che crede di aver imparato del tutto sottopagato. Meglio che ti metti a fare uno stage a 200 euro al mese come noi studenti. Almeno così ogni volta che lo dici puoi far stranire tutti pronunciando “stage” alla francese.

Ma tornando al grottesco racconto, continui attacchi di perfezionismo lancinante portano la parrucchiera cinese a tagliare e ritagliare di un millimetro alla volta i capelli. Devono essere perfettamente pari. Evidentemente non sa che basterebbe bagnarli e usare un pettine, ma va bene così.

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Il risultato è che dopo tutto questo tempo ha tagliato talmente tanto che sono rimasti pochi centimetri di capelli. Il cervello contenuto nella capoccia a cui sono attaccati i capelli si allarma e la ferma. Ferma quelle mani indemoniate che le ronzano intorno da 120 minuti. La cinese continua a sorridere, ma è un sorriso nervoso, isterico. Edward mani di forbice non ha il coraggio di togliersi da davanti allo specchio. E fa bene. Sarà incapace ma non cieca. Perché dopo tutto ciò è riuscita nell’ardua impresa di far essere i capelli della malcapitata ognuno di una lunghezza diversa.

si porta a roma… (non) comprare la pizza alla pala

Se sei di Napoli, in qualunque parte del mondo tu vada sai che non mangerai mai la pizza vera. A questo punto gli approcci possibili sono tre.

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Il rinunciatario: non mangiare affatto la pizza, ritenendo che l’unica possibile sia quella con la mozzarella vera, con la pasta morbida e alta, cotta nel forno a legna, alla quale si è giurato eterna fedeltà. Questa categoria di pizza-addicted si rivolgerà ad altre porcherie – ben più tossiche di una pizza fatta male – come kebab, paninazzi vari etc etc.

Il segugio: che mappa l’intera città “straniera” alla ricerca di partenopei trapiantati che facciano la pizza come si deve, per poi puntualmente criticarla lo stesso… “e ma non è la stessa cosa: qui l’acqua è diversa, l’aria pure, poi qua non ci mettono quell’aggiunta di diossina che fa la differenza”.

Il camaleonte: che non se ne frega una ceppa, non può vivere senza pizza e si adatta a qualunque alimento che consista in pasta lievitata stesa in piano con sopra laqualunque.

Se appartieni a una delle ultime due categorie, vieni da fuori Roma e hai intenzione di mangiare la pizza in capitale necessiti di un avvertimento. Durante le tue spensierate passeggiate in giro per la città potresti essere insidiato dal terrore di tutti gli squattrinati: la pizza alla pala. DIFFIDA di quelle pizze rettangolari, sottili, “croccanti”, disposte una accanto all’altra sul bancone delle pizzetterie al taglio. Loro ti chiamano come delle sirene tentatrici: sembrano invitanti, probabilmente sono anche buone. Tu credi di poter magiare qualcosa al volo, spendendo poco e perdendo meno tempo. Ebbene toglietelo dalla testa, la pizza alla pala nasconde un’insidia: prezzi che voi umani non potete nemmeno immaginare.

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Non importa se sei nel caro centro storico o in una qualunque periferia capitolina, non importa se è una pizzeria rinomata o meno. In ogni caso, non te ne esci con meno di 7-8 euro se ti accontenti della margherita e almeno 10 se osi qualche altro gusto. Quando la più o meno amorevole signorina al bancone ti chiede dove tagliare la pizza, sai che un centimetro in più o in meno può significare anche 3-4 euro. Poi la tagliuzza, mette i pezzettini uno sopra l’altro, l’incartoccia a mò di macellaio e LA PESA. Ebbene si, a Roma la pizza si pesa, esattamente come dal salumiere. E allora un etto (parlo di 100 grammi, eh!) di pizza può costare anche 3-4 euro.

Ciò che stranisce però, è che di solito la stessa pizzetteria offre anche pizzette tonde, panini, supplì e altra roba di rosticceria. E tutto ciò non è interessato dalla pesata da macellaio, e viaggia su un altro canale di prezzi, allineato al mondo dotato di ragionevolezza. Cioè nella stessa pizzeria se decidi di pranzare con due pizzette tonde – che sono pure più carine – le paghi 2 euro e 50, se ti vuoi far fare la pizza tonda grande al massimo ti spillano 5 euro. Ma se invece sfidi la sorte della bilancia e beffardo ti fai tagliare un paio di pezzetti di pizza alla pala, non te ne esci con meno di 6 euro. E dopo hai ancora fame.

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Converrete che tutto ciò non può che risultare incomprensibile per il fuorisede fuoriposto, abituato a prezzi riconducibili al ragionamento razionale, caratterizzante del genere umano. E quindi lo vedrete mangiare ogni cosa – dall’arancino di Mizzica al kebab indiano, dal giappo a prezzo fisso all’aperitivo da Celestino, o la super focaccia romana farcita – pur di non incentivare l’irrazionalità collettiva della pizza alla pala, che sembra invece conquistare – pur nella sua follia – i romani di ogni genere e classe.

si porta a roma… (non) incontrare i vip

Tutti quelli che vivono a Roma pare che non facciano altro che incontrare Very Important People, questi vip di stoca***, per intenderci. Stando a quello che si sente in giro, anche l’ultimo degli sfigati ha incontrato LAQUALUNQUE. Calciatori, attori, politici, cantanti, giornalisti. Chiunque ha un aneddoto cretino da raccontare su “quella volta che mi sono fatto la foto con…”.

“No vabbé ma al piano di sotto, quando vivevo sulla Tuscolana, c’era Rocco Papaleo che tutte le mattine mi chiedeva l’accendino”. “Qui su via Ostiense dietro casa mia vive Ferzan Ozpetek… si si lo vedo spesso, sempre sorridente”. “Alla pasticceria dove lavoro viene sempre Lucia Annunziata a comprare i dolci, prende sempre i cannoli siciliani a portar via”. “Sono capitata per caso in un locale  a Villa Borghese e c’era Christian De Sica a festeggiare con degli amici… è ancora un bell’uomo!”. Si puo’ continuare all’infinito con le testimonianze di paparazzate alla Corona…

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In quattro mesi in giro per Roma il mio registro dei famosi è desolante: Marina Ripa di Meana a Termini che cinguettava al cellulare e Claudio Lotito – presidente della Lazio – che prendeva un caffè in centro insieme a un paio di sgallettate sconosciute. Faccio notare che, in entrambi i casi, se qualche amico in mia compagnia non mi avesse segnalato la loro presunta “vipposità”, non li avrei manco riconosciuti. Insomma, anche le pantegane che sguazzano nel Tevere hanno visto più vip di me.

E dire che non mi sto chiuso in casa, anzi. Bazzicando spesso in centro sarebbe prevedibile un susseguirsi di “incontri del terzo tipo”. E invece nisba. Pazienza.  Che ne so, mi accontenterei anche di una Benedetta Parodi a caso, di un qualunque tronista di Uomini e Donne. Giusto per prenderli un po’ in giro, farsi una risata e poter dire di vivere nella capitale dello “showbiz” italiano.

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Se ci si ferma un attimo a pensare, in verità , tutta sta faccenda delle paparazzate è vagamente triste. L’impressione è che ci siano più roma, una luccicante e vanitosa, e un’altra opaca e concreta. Una sovrapposta all’altra. E’ come se galleggiassero vicine, si vedono, si percepiscono ma non si incontrano quasi mai. Eppure le strade sono le stesse. Spesso anche i locali. Ma magari sei al posto “giusto”, ma non all’ora “giusta”.

Poi capisci che in fondo in fondo le città si rincorrono, e non possono fare a meno l’una dell’altra. Perché le stelle valgono poco se non c’è qualcuno che le ammiri. Perché chiunque può sentirsi un pizzico più brillante nello sfiorare una stella, o anche solo una cometa passeggera. Tutto fa brodo per vivere qualche sprazzo di dolce vita. Ma anche no…

…in attesa di avvistare il Papa dimissionario a fare shopping al Prada di via dei Condotti. stay tuned.

si porta a roma… pensare alla neve

Se è inverno, vivi a Roma e non hai una ceppa a cui pensare… pensi alla neve. C’è pure chi ne parla 365 giorni all’anno: (il 10 agosto, in spiaggia) “E ma vedi che estate calda? sicuro avremo un inverno freddissimo, ti faccio vedere che quest’anno fa la neve a Roma”. Bene, rifiuto di occuparmi di questa categoria di persone: la neuro esiste per questo.

Fatto sta che dopo la nevicata sul Colosseo dell’anno scorso, la neve aleggia in ogni discorso sul clima. E, si sa, chi “non ha un ceppa a cui pensare” – vedi sopra – ama parlare di che tempo (che) fa, e purtroppo non di Fazio e Littizzetto.

(BENVENUTI) FITTA NEVICATA NELLA CAPITALE

Così quest’inverno è stato un grande scartavetrarsi di ghiandole riproduttive maschili su sta neve che dovrebbe “imbiancare” la capitale. Ogni volta che fa un pelo più freddo scatta il fantomatico ALLARME NEVE. Da qui alla creazione di due grandi schieramenti ci vuole un attimo. Parte il totoneve. C’è chi va in paranoia se manco dal cielo dovessero cadere meteoriti. “No ma qua si blocca tutto io devo andare al lavoro, l’anno scorso ci andai a piedi e arrivai in negozio che sembravo un pupazzo di neve”. Chi invece (e qui ritroviamo folte schiere della categoria di cui sopra “non ho una ceppa a cui pensare”): “U che figata la neve sul Colosseo, speriamo non chiudano la metro così mi vado a fare le foto… magari si fa pure una battaglia di palle di neve!”

Certo, c’è da dire che le autorevoli autorità – inpanicate dal caos dell’anno scorso – non aiutano a calmierare la psicosi collettiva, dato che vere e proprie allerte neve si susseguono a ritmo di almeno una al mese. Ma sta neve non arriva mai. E quindi, in mancanza di neve vera, la suggestione gioca brutti scherzi a romani e non. La grandine diventa neve, la polvere diventa neve, il ghiaccio diventa neve. Una città intera in preda alle allucinazioni, per intenderci. Cade una pioggerella fina fina? Neve! L’aria è più inquinata del solito? Aria di neve! Fa un freddo cane? E ma mo fa troppa freddo per la NEVE!

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La psicosi collettiva si serve – e non poteva essere altrimenti – dei nuovi mezzi di comunicazione: ed ecco allora foto di presunta neve su facebook, hashtag twitter sulla neve, chiamate e whatsappate che annunciano “neve a Termini!”, “neve a Monti!”. Insomma, una gara a chi la spara più grossa. Un po’ come la campagna elettorale, tanto per rendere l’idea.

topografie capitoline vol.1: roma nord e roma sud

Goethe ce lo dice da secoli: c’è sempre qualcuno “più a nord” di noi. E così, a ogni livello,  i confini simbolici si intrecciano e si sovrappongono. Allora le umanità ne escono divise e unite allo stesso tempo. Ecco l’idea sottesa alla rubrica “topografie capitoline”,

che non può non iniziare con la più classica delle categorie di spazio: il sud e il nord, così caro a leghismi e meridionalismi (che mondo sarebbe senza tutti questi odiosi “-ismi”? -__- ). Beh, se Roma sta un po’ più a nord del  Sud Italia, è anche vero che c’è Roma e Roma, c’è quartiere e quartiere. C’è romasud e romanord, appunto. Arrivi in città e ti accorgi che la location conta più di tante altre cose: cerchi di capire quali siano le zone “giuste” e quelle “sbagliate” e per farlo provi ad affidarti ai romani, i pochi che riesci a beccare in capitale. Capendoci poco, e traendo conclusioni tanto affrettate quanto stupide… eppure in qualche modo bisogna iniziare a orientarsi.

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E allora da Termini in su avremo romanord: soldi, tanti soldi. Al di là del Tevere, verso ovest c’è Prati, che più ricco non si può: via Cola de Rienzo, piazza del Popolo, i ricchi veri insomma, quelli che lo sono da sempre. Quelli che si vanno a fare il pool party con il Papa, per intenderci. Prosegui verso est e ti imbatti nei Parioli, e i fantomatici pariolini. La LUISS, i ricchi insieme agli arricchiti in cima a una collinetta: Heidi senza caprette che fanno ciao, in pratica. Costeggi villa Ada e ti imbatti nel quartiere Salario (che amo intensamente) e nel quartiere Africano. No, qua non ci stanno migranti neri neri, anzi. Ora ci sta anche super metro B1 (metro e autobus a Roma meriterebbero un blog solo per loro per quanto sono divertenti -__- ).

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romasud invece è più variegata. Infatti di solito è romanord ad affermare la propria identità, mentre romasud è un po’ tutto il resto. C’è la Garbatella, che più tipico non si può – i Cesoroni di Mediaset, per intenderci. Poi Trastevere, l’unica zona in cui ho visto i vicoli come a Napoli, e Testaccio e i suoi locali notturni interculturali (latinos soprattutto). Tutte le zone “democratiche”, che siano ricche o meno poco importa. Poi c’è l’immensa municipalità della Tuscolana. La più densamente popolata: ci vivono un sacco di lavoratori. “E sei un po’ fuori, ma da qui con la linea A del metro in un quarto d’ora arrivo a piazza di Spagna”. Effettivamente è così. Poi ci sono negozi, locali e ristoranti. Peccato che il rischio anomia si tagli a fette.

Il sud le distingui dall’architettura, dalle strade un po’ più strette. Tutto un po’ meno sulla difensiva a sud: meno vialoni, meno curve a gomito, meno palazzoni di 10 piani. Poi c’è chi generalizza e allora il discorso si fa ampio. romanord è di destra, romasud è di sinistra. romanord è laziale, romasud è romanista. Senza scomodare Gaber, si potrebbe continuare per altre 3000 battute con le cazzate dei luoghi comuni. Ma direi che per questo volume basta così. Morale della favola? Le zone non sono mai giuste né sbagliate, ma in sto caos che è la capitale, ci sta il quartiere giusto per ognuno… un po’ come l’anima gemella, solo che almeno per quest’ultima c’è Cupido che ci aiuta.

si porta a roma… la cucina semiabitabile

pozzetto

Provo a rimettere insieme le impressioni dell’autunno scorso, a cui risale il mio atterraggio in Capitale. Città nuova, ok, ci sono. Prima necessità: tetto sotto cui dormire… cerchiamo di capire come funziona.

Prezzi alti. In tanti vivono in doppia, e poi ci si chiede perché in tanti siano sull’orlo di una crisi di nervi. Donne e uomini, checché ne dica Almodovar. – Quartieri strani. Lo pensi quando ti ritrovi, in pieno centro città, un’autostrada (che poi scoprirò essere la circonvallazione Casilina) che ti passa a 4-5 metri dalla finestra. – Case vecchie. Soprattutto a San Lollo, ma non solo. Un po’ ovunque la realtà ti ricorda che Roma sarà pure la città eterna, ma gli infissi, l’intonaco e i mobili non godono della stessa eternità. Basta fermarsi un attimo a pensare alla “casadellaluce”, in cui anche le porte sono un optional. E che poi ho scelto come mia nuova dimora, of course. La privacy, a ben pensarci, fa troppo anni ’90.

Tutto sommato la cosa più importante è la posizione… della casa, ovvio. Dopo aver visto qualche casa, riconsideri l’idea di “abitabile” associato a “cucina”, e scopri che esiste anche il concetto di “semiabitabile”. Per i non pratici di case per studenti a Roma, si tratta di quelle cucine non abitabili pensate – dagli illusi architetti che furono – in associazione a un salotto/sala da pranzo. Peccato che i teneri proprietari di casa della capitale diano spazio alla creatività e reinventano il salotto, rendendolo una doppia. Ed ecco comparire nella non abitabile cucina un tavolino finalizzato al nutrimento, il che rende la suddetta “semiabitabile”.

E se l’habitat fa l’habitus, Bourdieu permettendo… stiamo freschi. In teoria dovremmo stare tutti chiusi nelle proprie stanzucce. Perché grazie a questa crescita forzata della “zona notte” il numero di abitanti cresce in maniera direttamente proporzionata, e gli spazi in comune diventano sempre più (relativamente) piccoli. Meno male che, almeno nella casadellaluce, ci sia inventiva sufficiente per pratiche di risemantizzazione dei luoghi. Così con disinvoltura la cucina semiabitabile è allo stesso tempo cucina, sala da pranzo, sala giochi, aula studio, e tutto ciò che ci pare. Il Ragazzo di Campagna di Renato Pozzetto, nel suo monolocale multioptional… ci fa decisamente un baffo.