si porta a roma… eliminare le zanzare (a costo zero)

Le aziende produttrici di rimedi contro le zanzare non hanno alcun rispetto per le sempre bucate tasche dei fuorisede fuoriposto. Pur stando alla larga dalle farmacie, gli spruzzini che durano due giorni vanno dai 5 euro in su, mentre è inutile parlare dei fornelletti elettrici che costano quanto un vero elettrodomestico. Personalmente non ho ancora superato il trauma dei 7,50 euro per uno stick dopo puntura a base ammoniaca.foto 2 (8)

Ovviamente nelle case dei fuorisede le zanzariere esistono solo nelle allucinazioni visive dei boccheggianti studenti. In casa scarterei le candele, gli zampironi e altre soluzioni che hanno a che fare con il fuoco. Ebbene, se non vuoi vivere nell’oscurità, se vuoi sentirti libero di esercitare il diritto alla luce artificiale anche d’estate, se non vuoi rinunciare al ‘poraccio way of life’ anche quando torni a casa dai tuoi genitori, è evidente che servono rimedi alternativi meno costosi.

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Uno di questi sono le note applicazioni per smartphone (tra le tante, “l’antizanzare”, gratuita). Niente è nessuno ne ha certificato l’efficacia né i probabili effetti collaterali sulla psiche umana. Su tutti, l’esaurimento nervoso quando vedi la batteria del telefono in rosso dopo una ventina di minuti di azione zanzaricida. Decisamente poco pratica.

Alcuni – tra cui il sottoscritto – sostengono che fumare in camera da letto faccia male a se stessi, certo, ma anche alle zanzare, che pare odino l’odore di sigaretta. Lasciare il posacenere stracolmo sulla scrivania può avere effetti positivi inattesi.

Poi c’è sempre l’alternativa verde, che ai veri peones. Una bella pianta di citronella te la porti a casa con una decina d’euro. Trovo poco sopportabile l’odore persistente che emana, ma ormai si sa: ‘bio’, ‘naturale’ e ‘verde’ non passano mai di moda.

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Eppure la vera soluzione poraccia è un’altra. Si tratta di una ‘trappola per zanzare‘ fatta con una bottiglia di plastica, un cartoncino, acqua, zucchero e lievito. No, non siamo ad art attack e potete usare anche forbici dalla punta NON arrotondata. Per i dettagli, approfondire qui.

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In una casa di Scalo San Lorenzo – dove evidentemente non si ha di meglio da fare – hanno avuto il coraggio di metterla in pratica. A pochi giorni dalla realizzazione del dispositivo, i coinquilini si sono spaccati in due fazioni: due di loro ne riconoscono l’efficacia e ne hanno già costruite altre due e gli altri due che sono convinti della stupidità della parte avversa e non accettano di dormire insieme a decine di cadaveri di zanzare. Il dibattito è ancora aperto…

si porta a roma… (non) comprare il pane

In capitale il pane se lo fanno pagare più caro della pizza. La panetteria sotto casa (Favole di Pane, ndr) si fa pagare anche 5 euro per un chilo di pane: si scrive “casereccio” e si legge “fa un sacco di briciole e dopo 4 ore è già secco”. Non voglio sapere a quanto vendano i panini conditi e il pane integrale.

E’ evidente che il fuorisede fuoriposto non può assolutamente considerare la possibilità del pane fresco. Ritiene immorale spendere diecimilalire O.O per un impasto di acqua e farina che nelle località natie del profondo sud costa circa un quinto. Giusto u na roba da grande cena di gala…

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A ciò si aggiunge l’ordine di problemi temporali: la discontinuità dei pasti del fuorisede tipo porterebbe il suddetto pane ad assumere le sembianze di una pietra, con somma gioia della solita coinquilina sfigata che ci fa montagne di pan grattato inutile.

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Dal pane ‘cortesemente sottratto’ in mensa (costo: zero euro) al classico pan bauletto chimico (1 euro o poco più), le soluzioni per nutrirsi di farinacei vari alternativi al pane sono molteplici e creative.

La piadina è stato il mio primo amore quando sono andato a vivere da solo: pochi secondi in padella ed è pronta. Insalata, sottiletta, salame e ti sembra di mangiare qualcosa degno di masterchef. Circa un euro per tre piadine con olio extravergine di oliva. E non scadono praticamente mai.

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I crostini invece hanno pro e contro. Anche se si mantengono nel tempo – fino a un certo punto in cui iniziano ad avere un vago sapore di polvere – anno la controindicazione dell’irritamento lingua e palato. Non so se è una questione solo mia, sta di fatto che limito il loro uso a quei rari minestroni invernali.

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Craker e grissini: questi davvero hanno vita eterna grazie agli incarti monodose. In molti sono scettici nel loro impiego per accompagnare un secondo, io posso dire di venerarli: ho perso il conto delle volte che sono stato salvato dalla presenza in dispensa dei “salatini” – si, dalle mie parti si chiamano così, embé?

La fresella – anch’essa declinata in innumerevoli varianti regionali – è un grande classico dei farinacei a lunga conservazione. Spesso portata dalle terre d’origine – perché “solo la nostra è buona le altre fanno tutte schifo” – soffre dello stesso problema polvere dei crostini. Must estivo coi pomodorini, sono stati avvistati tristi fuorisede che componevano la propria cena esclusivamente con aglio olio e fresella.

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Le baguette precotte del Tuodì. Queste sono una vera chicca. Fuori dal banco frigo, aggirandosi tra gli scaffali del Tuodì, è facile imbattersi in due baguette bianchicce, con data di scadenza ben oltre i tempi medi di un corso di laurea magistrale, a soli 60 centesimi. Ebbene, questi manufatti, se messi 10 minuti in forno si trasformano in pane fresco, appena sfornato in pieno Mulinobianco style. Giuro che non ci credevo. Unica raccomandazione: mai azzardarsi a leggere gli ingredienti… acqua e farina non sono più di tendenza a quanto pare.

si porta a roma… estate romana free entry: top 5

Difficile stare dietro a tutto quello che si organizza in estate per allietare le serate capitoline. Da Nicolini in poi, #estateromana vuol dire cinema all’aperto (il kino, l’isola del cinema, l’arena sacher, etc etc…), discoteca nei parchi (roma vintage e village, gay village, etc etc) e bancarelle lungo il Tevere. Ma noi siamo pur sempre fuorisede squattrinati, e allora proviamo a capire se a Roma ci si può divertire anche rimanendo – quasi sempre – rigorosamente free entry. (per il dove-cosa-quando ci sono i link, siate ipertestuali).

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5. Festa de l’Unità, Bentornato Futuro. Questi del Pd non s’è capito se ci sono o ci fanno. Da apprezzare il coraggio di questo “bentornato futuro” a due mesi dall’accordo col Pdl: se non porta sfiga questo… ciononostante, è pur sempre un mese di eventi che accontentano un po’ tutti: schiuma party (il 25 luglio), il mucca gratis di martedì (il 23), qualche bel film (diaz il 15, la grande bellezza il 22) e qualche dibattito per chi proprio non ce la fa a stare senza pensare al Pd.

4. Coffee Pot a Scalo, ovvero Coffee Park Circus. Versione estiva dello storico locale di adorabili mortidefame. Pallacanestro e musica irresistibilmente trash. Almeno una volta nella vita va provata l’esperienza di cantare la Rettore seduti sulle doghe di un letto vintage. Bocciati i biliardini: 1 euro per 6 palle non va proprio. Che si ponga rimedio.

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3. Globe Theatre a Villa Borghese. Qua tocca spendere qualche spicciolo, ma molto meno di quel pensi. 8 euro per i fuoriposto under 25. In piedi o seduti a terra. Ma siamo ancora giovani, no? Si consiglia di portarsi un cuscino da casa. Direi che Romeo e Giulietta nel teatro shakesperiano di Roma vale più di un’entrata al gay village di giovedì; almeno lo spero per te e la tua coscienza…

2. Casa del Cinema a Villa Borghese (di nuovo…). Film vecchi, film nuovi, alcuni belli alcuni brutti. Tutti gratuiti, mentre le svariate arene romane si fanno pagare anche 6 euro per vedere film di un anno fa, qui ci sono nove settimane e mezzo di rassegna free. La complessità del programma – co tutti sti colori – implica un certo lavoro interpretativo, ma se poi ti fanno pure l’apericinema prima del film… diciamo che si fanno perdonare. Nota dolente: arrivare presto, sennò finiscono i posti. Ma tanto mica c’abbiamo da studiare…

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1. Peugeot River Club. Ditemi se c’è qualcosa di più must della discoteca all’aperto all’ombra del gazometro. Un pezzettino di new york post industriale a ridosso del tevere, nel quartiere dei loft e delle fabbriche dismesse. Se poi proprio qui ci fanno l’Amigdala free entry di sabato… ecco, ora potete sentirvi davvero radical senza essere necessariamente chic. Peccato per la musica che finisce alle 2 di notte: c’è da andare presto.

si porta a roma… studiare in città universitaria: top 5+1

Nelle case dei fuorisede fuoriposto, si sa, è impresa ardua studiare. Coinqulini di merda, vicini pianisti, gabbiani molesti rendono la concentrazione precaria, costringendo il volenteroso studente a trasferte in giro per la capitale. A onor del vero, va specificato che la suddetta capitale si riduce – di fatto – alla città universitaria e poco altro, come si può appurare scorrendo la top 5+1 dei migliori posti per studiare durante questa infinita #sessionestiva.

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+1. Museo dell’arte classica. In un’unica parola: ansia. Sarà vero che si sta tranquilli, che si sta moderatamente freschi e che i tavoli sono belli grandi; ma a me studiare tra teste mozzate e un’infinita serie di bianchissime statue fa troppo Eyes Wide Shut. Quindi, per personalissima preferenza è fuori top 5, ma la segnalazione era d’obbligo. E dire che i posti a sedere vanno a  ruba… quindi nota bene: andare presto.

5. Il Paratone. Scivolato in una immeritata quinta posizione a causa dell’estate che non c’è: chi immagina gli studenti universitari romani stesi sulla verdeggiante (?) erba della città universitaria è un illuso. Come in tutta Italia, questa è la prima sessione estiva senza estate. Si registra un sensibile calo del tipico rosicare estivo degli studenti e delle foto bimbominkia dei nullafacenti al mare, il tutto accompagnato da una impennata di patetici stati su facebook riguardanti la pioggia.

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4. Biblioteca Nazionale. Lontana almeno quanto l’Eur, antipatica almeno quanto un esame di diritto, la biblioteca di castro pretorio si conferma come l’unico posto serio di questa lista. Un must per chi deve scrivere la tesi: non credete loro quando vi diranno – faccendieri con poca voglia di lavorare – che dovete essere residenti a Roma per chiedere i libri in prestito, presentatevi con regolamento alla mano.OLYMPUS DIGITAL CAMERA

3. Lettere, aula occupata piano terra. Qui si fa il caffè, il tè, qualche chiacchiera e le immancabili attività più o meno culturali di un’aula occupata di lettere. Il tutto in moderato silenzio: ottima anche per chi ama esibirsi in quegli inquietanti monologhi pre esame definiti con il termine “ripetere”. Io fossi in loro mi piazzerei davanti a uno specchio e ripeterei “sono un ventriloquo fallito” fino al momento in cui ci si rende conto di essere un fallito e basta.

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2. Biblioteca Alessandrina. Ormai si va in alessandrina solo per spottare e farsi spottare, ed evidentemente va bene così. D’altronde, eliminato il pratone dalla pioggia, è uno dei pochi luoghi comuni a tutte le facoltà per allargare i propri orizzonti e le proprie gambe   . E ovviamente il/la fuorisede fuoriposto non si lascia scappare l’occasione di unire l’utile al dilettevole. Magari anche subito, magari anche nei bagni

1. Scienze Statistiche, sala riviste della biblioteca, terzo piano. Spero di non essere identificato da nessuno studente di statistica, perché rivelare questo luogo ameno semisconosciuto potrebbe costarmi cara. La peculiarità? Ebbene, oltre la biblioteca di facoltà, oltre ogni vostra aspettativa e al di là della conoscenza di quasi ogni studente della Sapienza, vi è nientepopodimenoche la sala lettura climatizzata, aperta fino alle 17.

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E mentre tutti gli altri si ritroveranno con le pagine dei libri fotocopiati incollate tra loro causa sudore della fronte, chi legge questo blog proverà la sensazione di studiare al polo nord, anche nella #sessionestivadimerda. Ora potete iniziare a venerarmi, prego.

pillola capitolina: pensiero libero in viale ippocrate

E poi passeggi su viale Ippocrate, il luogo dove e uniche cose che puoi fare sono mangiare ottimo cibo spazzatura a pochi euro e fare fotocopie. Il tutto a pieno uso e consumo del fuorisede fuoriposto.

Così accade che questi palazzotti borghesi da 8 piani – con oscena radica finta in ogni androne – devono accettare il fatto di essere a due passi dalla città universitaria: free space, piccolo angolo di mondo libero all’incrocio con via Vigevano.

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si porta a roma… evitare il nodo termini

La capitale d’Italia è nota per una malattia infettiva che si contrae solo sul territorio capitolino. Sintomi: in una prima fase, mal di testa e senso di perdita dei riferimenti spazio temporali; il secondo stadio è caratterizzato da uno stato confusionale acuto e un forte mal di testa. Il terzo stadio della malattia è subito riconoscibile: il soggetto entra in una crisi isterica permanente, contraddistinta da strepiti, sudore freddo e bava alla bocca da cane rabbioso.

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Sto parlando della PANOTE, ovvero la PAtologia da NOdo roma TErmini, e cioè quell’inevitabile malattia che contrae chiunque abbia l’ardire di prendere la metro a Termini, punto di intercambio tra la linea A e la B, nonché stazione centrale della città.

Le cause? Un intricato dedalo di cunicoli, ascensori, scale mobili e corridoi, accessi vietati senza senso che – con l’ausilio di ridicole frecce a goccia – goffamente cercano di collegare i tre suddetti mezzi di trasporto, in un mix esplosivo condito da decine di inutili negozi in cui mai nessun abitante della capitale ha messo piede.

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Il tempo stimato per fare cambio da una linea della metro all’altra è di circa 11 minuti. Un lasso temporale in cui la Maria di Paolo Coelho si guadagnava da vivere. Undici minuti costellati da difficoltà di ogni tipo: ascensori fuori uso, scale mobili idem, ma soprattutto poveri turisti stranieri in fase acuta di PANOTE che non sanno dove cazzo andare e cercano – con gesti, gestacci e urla – di avere informazioni dai pendolari intenti nel battere il proprio personale record di “tempo di percorrenza nodo termini”, sentendosi molto Usain Bolt.

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Perché se per gli abitanti di Roma è una quotidiana sfida con se stessi e contro il tempo, per gli improvvidi visitatori trovare il filo della matassa chiamata Nodo Termini è un’impresa utopica. Si narra che nei meandri della metro B si aggirino ancora gli spiriti di cinque turisti giapponesi scomparsi nel 2006 e mai più ritrovati. In alcuni corridoi si sentono ancora le preghiere di tre monache cilene: mesi fa provarono a raggiungere San Pietro per salutare il ‘papa novo’. Sono ancora bloccate in ascensore.

Ovviamente a questo stato di cose il fuorisede fuoriposto – già strutturalmente restio a prendere la metro perché unico mezzo di trasporto per il quale è costretto a timbrare il biglietto – risponde con la solita creatività che lo contraddistingue. Autobus improbabili, cambi con tram immaginati, chilometri a piedi: tutto pur di non farsi infettare dalla temuta PANOTE, dopo la quale non riesci più a fare a meno della metro e

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del nodo termini e sei costretto a fare l’abbonamento dei mezzi, sommo oltraggio per ogni fuorisede che si rispetti.

E dire che solo il 17 aprile scorso il nodo termini è stato re-inaugurato, a poche settimane dalle elezioni comunali e dopo 3 anni di lavori e 63 milioni di euro. Ad oggi continuano a essere in fase di collaudo alcune ascensori e il nuovo look in stile Star Trek a già fatto rivoltare nella tomba Michelangelo, Bernini e Borromini. La credibilità di tale intervento di restyling  può essere valutata ricordando che contestualmente fu annunciata l’apertura del primo tratto di linea metro C entro giugno. Questo post è datato 1 luglio 2013.