si porta a roma… il glossario pseudo romanesco (parte 2: espressioni idiomatiche)

È un onore per me presentarti Luana, la più tenera amica di Tatiana, che hai avuto modo di conoscere quando hai imparato i verbi base del glossario di pseudo romanesco. Sarà proprio Luana a condurti nei meandri di quei misteriosi congiunti di parole che i romani utilizzano per quantificare, modalizzare, colorare il precario e adorabile italiano capitolino.

divisioni30

puoi dire quello che ti pare, io non ci credo che ricordi come si fanno le divisioni in colonna

‘Na cifra. Quale, non si sa. Sette, tre, nove… boh. A Roma si danno i numeri. Anzi, il numero. O meglio, una cifra, unica e sola. Pare che questa cifra sia qualcosa di mitologico. “A me Luana me piace na cifra” è senz’altro un’affermazione opinabile – essendo la donzella notoria bruttezza – ma dotata di senso. Se mai queste parole ti usciranno di bocca, vorrà dire che avrai perso ogni sorta di senso estetico e che Luana ti piace molto. Preoccupati.

fointro

in teatro dal 1969

‘A buffo non ha nulla a che fare con il nobile mistero buffo di Fo, ma ciò non toglie che una componente misteriosa persiste. A   un certo punto non capisci se ti stanno dicendo che sei buffo o se stanno dando qualcosa a un tipo buffo: l’unica certezza è che Luana è alquanto buffa, ma questa è n’altra storia. “Quella Luana sta sempre lì a parlà a buffo”. Ebbene, Luana non ha un amico di nome buffo con cui è solita parlare. In verità non ha amici, oltre che per la sua bruttezza, perché parla a vanvera e senza motivo.

bestia

che tu ci creda o no, Luana è quella a destra

‘A bestia ti suggerisco di non urlarlo a Luana, che avendo una coda di paglia che arriva fino al raccordo si sentirà chiamata in causa. Ma non si sta parlando della sua – pur innegabile – bestialità. “Luana è andata al concerto dei Depeche con Tatiana, sto a rosicà a bestia”. No, non stai a sgranocchiare una belva feroce. Smetti di sentirti torero, ripassa la parte 1 se ti stai interrogando sul rosicare, e accetta che le due sfigate sono andate al concerto e tu stai rosicando tantissimo.

‘Attaccare un pippone’ è da maneggiare con cautela, come i pacchi di Bonolis. “Che palle, Luana attacca un pippone ogni volta che non la avvisiamo per uscire”. Rimuovi dalla tua immaginazione la scena surrealista in cui Luana contempla tutte le pipe di grandi dimensioni attaccate alla parete di camera sua. Luana è solo un gigantesco accollo che non accetta la propria natura di accollo, e continua a fare noiose lagne inascoltate ogni volta che la si piscia. La cautela di cui sopra è dovuta al fatto che se al posto di ‘attaccare’ usi ‘fare’, la libidinosa Luana potrebbe pensare che vuoi una sega fatta da lei. Io t’ho avvisato, poi valuta il tuo livello di testosterone e comportati di conseguenza.

capocotta1

nel mentre, Luana è intenta a rotolarsi tra le dune di macchia mediterranea

‘Bella pe te’ è davvero il mio personalissimo oracolo di Delfi. Da interpretare con la consulenza di filologi, linguisti, traduttologi. Insomma, ci sarebbe da mobilitare un intero dipartimento di scienze umanistiche. Confesso che una traduzione univoca ancora non ce l’ho. Ma proverò a spiegarmi con un tenero dialogo. Tatiana: “domani andiamo alla spiaggia nudista di capocotta?”. Luana: “no guarda cara non mi sono fatta la ceretta all’inguine e mi rompo di farmela stasera: passo”. Tatiana: “ok, bella pe te”. Mi rileggo e riconosco che le ultime parole di Tatiana continuano a rimanere oscure sul piano del significato. Forza e coraggio, facciamo un ulteriore sforzo interpretativo. La nostra cara amica vorrebbe comunicare uno stato d’animo che suona un po’ così “non insisto, fatti i cazzi tuoi e se sta bene a te sta bene a me“.

Il pensiero di Tatiana, se esplorato con maggiore profondità, continua con “anzi è pure meglio se non vieni: io e il mio lardo già ci prendiamo mezza spiaggia, non ci sarebbe spazio per la foresta amazzonica che ti ritrovi tra le cosce”. Perché Tatiana e Luana sono sempre delle signore di gran classe, hanno la R moscia come la De Filippi e ascoltano sono radio Monte Carlo. Ma ti assicuro, Jovanotti non ha pensato a loro nel 1996.

 

 

pillola capitolina: gay village, ultimo atto

Ebbene si, tra pochi minuti – alle 20 – aprono le porte dei “Big closing party” del gay village capitolino. Mentre scrivo, gli adorabili poracci fuorisede saranno già lì fuori: i primi 500 entrano gratis, gli altri 18 euro, con tanto di sindaco Marino incluso, alle 22.

gayvillage13

Non oso immaginare la caciara. Etero che calpestano gay che calpestano lesbiche che calpestano bisessuali che calpestano eterocuriosi. E quando si è arrivati a 484 che si scatenerà? Attendo documentazione video con ansia. Orrore.

 

Mentre elaboro un post futuro su quella curiosa congerie umana che il village è, mi permetto di congratularmi con te: se hai letto fin qui, vuole dire che ti interessa il gay village ma sei ancora a casa. Hai eroicamente deciso di rinunciare a 3-4 aperitivi poracci per fare la tua entrata di gran classe dopo mezzanotte, cercando di mimetizzarti tra 30enni lavoratori con la camicia stirata dal filippino. Stima profonda.

si porta a roma… (non) stirare: tintorie amiche

Il fuorisede fuoriposto non stira, per default. Puoi essere ricco o povero, bello o brutto, puoi puzzare o profumare, ma se vivi senza mammà tra i piedi sarai riconosciuto con un solo sguardo: ai tuoi vestiti spiegazzati.

vietato stirare

il fuorisede fuoriposto: geneticamente intollerante al ferro da stiro

Vedi camminare incoscienti fuorisede – che siano maschietti o femminucce conta poco – che con una disinvoltura imbarazzante si espongono ricoperti di pieghe dovute alla mancata stiratura del vestiario. Nessuno scampo: anche il più pulito e ordinato si rifiuta di pensare al ferro da stiro come qualcosa di diverso da un’arma da sfoderare in eventuali liti coi conquilini.

Decine le maniere per aggirare la questione, spesso usate in maniera combinata, ma tutte ugualmente deficitarie.

Puntare su materiali innovativi. L’amica – aspirante, sia chiaro – fashion blogger: “la prossima volta vieni con me a fare saldi, ti faccio comprare solo tessuti che non si stirano”. E così fu che ti ritrovasti con addosso chili di costosa plastica dall’osceno gusto, grazie alla quale ottieni l’effetto sauna-portatile. Sudore: tutto intorno a te, come la Vodafone, ma senza Megan Gale.

Stendere con astuzia. Il genio della situazione è quello convinto di avere l’asso nella manica: “Guarda io perdo solo due minuti in più quando li stendo, sbattendoli un po’ e distanziandoli per bene”. Eh si, infatti la tua polo è stata appena arrotata da un camion in corsa, solo per questo ha più rughe della favolosa Marta Marzotto.

marta-marzotto-festival-venezia-2006_650x435

la Marzotto ai suoi 80 anni, nel 2006 o.O

Farseli stirare dalla coinquilina/o sfigata/o. Questa la puoi attuare solo se te la/o scopi, e pure a un certo livello. Non ci sono manicaretti/favori/sostituzioni nel turno delle pulizie che tengano: solo il fornicare può portare a tanto. Ma a quel punto ti sarai scopato la sfigata della casa… fai un po’ te.

download

paperinik, sicuramente letto dalla sfigata di cui sopra

Imparare a stirare. Non ci provare. Fai in modo che rimanga uno dei buoni propositi dell’anno nuovo per ogni anno della tua vita. Risparmiati di scoprire quanto tempo e fatica ci vogliono, sarà solo un duro colpo alla tua forza di volontà e alla tua autostima. Ti sentirai inutilmente vecchio quando ti farà male la schiena. Brevetta un modo per stirare seduti senza ustionarsi, piuttosto. E poi sei sicuro di avere un ferro da stiro in casa? 

Shopping selettivo. NO assoluto a camicie, camicette e affini. Bandito il lino e la seta. Niente pantaloni che non siano jeans. Colori tendenzialmente scuri. Insomma, con quel che rimane si può andare giusto a San Lorenzo o al Pigneto.

Ma giungerà il giorno in cui dovrai andare ad una seduta di laurea – se mai qualcuno dei tuoi amici arriverà alla disoccupazione. Giungerà il giorno in cui sarai chiamato per un colloquio di lavoro che non sia da burger king –  se mai prenderai in considerazione l’idea dell’occupazione. Insomma, a un certo punto una camicia te la dovrai mettere. E allora avrai bisogno di una di queste lavanderie, amiche degli studenti squattrinati. Fallo almeno una volta: regala quell’illusoria sensazione di ricchezza almeno quanto il taxi.

Piazza Bologna, viale Ippocrate, verso piazzale delle provincie. 3 euro per lavare e stirare camicie, pantaloni e giacche. Un po’ caro lavare la pelle (ma chi lo lava il giubbotto di pelle?!).

San Lorenzo, via dei Sardi, verso scalo. Anche qui 3 euro per capi standard, e prezzi onesti anche per il piumone che non entra nella tua lavatrice del secolo scorso.

Torpignattara, via acqua bullicante, lato casilina. Da Lavamonoprix le camicie come nuove a 2 euro, solo stiratura 1,50. So cosa pensi, ma se vivi al pigneto non è poi così lontano: motivo in più per andare a trovare quell’amica che vive in culo ma è convinta di stare al pigneto come te.

Lava e Cuce, franchising. Praticamente monoprezzo per qualsiasi capo: 2,20 euro e passa la paura. Consegna in 30 minuti per le camicie. Ce ne sono in giro per roma, ma purtroppo tutti a distanze immorali da casa tua.

pillola rosicona: borse di mobilità, 5.000 euro ai (nuovi) fuorisede

Hai un fratello/cugino/nipote che si è diplomato con un buon voto? Vuoi che diventi un fuorisede fuoriposto anche lui/lei? Vuoi che inizi anche lui a vivere nella sporcizia, tra improbabili animali, rubando biciclette in giro? Ebbene, lo Stato italiano e il ministro Carrozza finanziano il downgrade da persona rispettabile a lercio fuorisede deprecabile.

20130619_carr

Maria Chiara Carrozza, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca: adorabile finanziatrice dei fuorisede

5.000 euro l’anno per le matricole fuorisede diplomate con più di 95 centesimi e la possibilità di mantenere l’assegno annuale per tutta la carriera universitaria.

Manco na lira per noi fuoriposto veterani: mentre i 18enni (nati nel ’95!) andranno a fare la spesa allo chicchissimo mercato di Testaccio, noi continueremo ad aggirarci tra i lerci banconi del mercato di piazza Vittorio.

E ora, se vuoi rosicà un altro po’, leggi il bando ministeriale, dateline: 26 settembre.

si porta a roma… il glossario pseudo romanesco (parte 1: verbi base)

A Roma l’italiano si parla. Più o meno. Cioè anche l’ultimo dei burini risulta grossomodo comprensibile dal forestiero medio. La peculiarità sta che molti romani, all’interno del fluente italiano capitolino, consentono l’introduzione indebita di parole strane. Spesso sono convinti che siano parte della lingua italiana. Magari le pronunciano senza intonazioni diatopiche, inserendole con leggiadria in periodi subordinati. All’estremo opposto si situano i poracci duri, che di queste esternazioni ne fanno un vanto, credendo di rispolverare la nobile lingua popolare di Trilussa.

trilussa1

versi di Trilussa, a piazza Trilussa, in Trastevere

In un caso e nell’altro, la conoscenza di alcuni vocaboli è necessaria per relazionarsi in città. Sono democratici, intergenerazionali e attraversano le classi sociali, senza discriminazioni né di capitale culturale né di capitale sociale.

E così a volte il fuorisede appena arrivato in capitale finge comprensione e compiacenza, ma – almeno all’inizio – non capisce un emerito cazzo. Qui si prova a facilitare l’impresa interpretativa: il glossario del pseudo romanesco.

vietato-pisciare

vietato pisciare

Pisciare – v.tr. [sogg-v-arg] – è un must assoluto. Si pisciano eventi, appuntamenti, riunioni… ma soprattutto a Roma si pisciano le persone. Si si, in maniera transitiva. “Ieri ho pisciato Tatiana, ero troppo stanco per ascoltare le sue cazzate”. Rimuovi dalla tua mente l’immagine di Tatiana espulsa dalle tue vie urinarie o oggetto di poco ortodosse pratiche sessuali. Semplicemente a Tatiana hai dato buca, le avevi promesso ti saresti sorbito le sue paturnie amorose e poi invece l’hai pisciata, appunto.

Tagliarsi – v.rifl. [sogg-v] – ha una componente abbastanza tragicomica. Qui si tagliano tutti. A tratti ti sembrerà di vivere in una città di isterici emo autolesionisti: gente che dichiara di tagliarsi dalla mattina alla sera. E per di più lo dice col sorriso sulle labbra, come se niente fosse, sentendosi molto la Rettore. “Quando sto con Tatiana mi taglio, sta’ Tatiana fa tagliare”. Puoi evitare di andare in giro a fissare le braccia di tutti gli amici di Tatiana: stanno solo dicendo che è divertente.

Hamtaro 03

ham ham ham

Rosicare –  intr. – è un verbo dadaista. All’inizio credi di avere a che fare solo con decelebrati che a trent’anni ancora vedono Hamtaro e rosicano coi loro incisivi. Poi opti per il piano B: citazione del proverbio, ma dopo poco il contesto ti rivela che questi non risicano né rosicano. “Tatiana ha trovato i biglietti per il concerto dei dei Depeche all’Olimpico, quella fighetta me sta a fa rosicà”. La verità è che questo verbo rievoca il consumarsi interiore dell’invidioso, quell’insopportabile contorcimento di interiora provocato dalla maledetta Tatiana che va al concerto e te no.

Spizzare –  v.tr. [sogg-v-arg] – è il mio preferito. Nessuno dà pizze in faccia, i pestaggi lasciamoli fare ai neofasciti. “Ahò, quello sta a spizzà a Tatiana”.  Approfonditi studi etimologici da me condotti hanno dimostrato scientificamente che è una trasfusione semantica dal gioco delle carte. Qui si tratta di uno sguardo provocatore, sottecchi, nascosto ma non troppo, come quando si scoprono le carte de poker. Tatiana, nonostante sia tarchiata e francamente bruttarella, in questa occasione è stata oggetto di sguardi interessati alla sua fisicità.

Accollarsi – v.rifl. [sogg-v] – credo sia visionario. Chi lo usa può dare l’idea di essere una vacca (o un bue, fai te) con al collo un carico. No, a Roma non sono tutti tori (se lallero…) e nemmeno mucche. “Tatiana ha un po’ rotto i coglioni, ovunque andiamo s’accolla”. Ecco, puoi anche evitare di visualizzare la grassa Tatiana che pende da un cappio legato al tuo collo. L’immagine è molto meno raccapricciante, ma spesso altrettanto funesta. Da tale affermazione si evince solo che Tatiana è solita attaccarsi come una cozza a persone che poco gradiscono la sua compagnia. Porella.

E ora, smetti di chiederti chi sia Tatiana (e Luana?!), clicca i link delle parole per imparare un po’ di grammatica e aspetta la prossima parte del glossario pseudo romanesco.

pillola capitolina: la rassegna stampa della biblioteca europea

È in via Savoia, vicino piazza Fiume, ed è una gran figata. Ampia e luminosa – no, non è una stanza in affitto – è la Biblioteca Europea di RomaSe ti serve un posto per studiare, passa oltre: è chiusa di lunedì, di martedì mattina e di sabato pomeriggio; non ci sono mai posti a sedere ed è un po’ fuori mano.

logo

Ma se sei uno studente straniero, un erasmus o magari hai poca voglia di studiare ma tanta di scoprire il mondo, allora vale la pena uscire dal perimetro di san lorenzo. Dvd e libri in lingua originale in consultazione  e in prestito, da ogni parte d’Europa. Ma soprattutto, ogni giorno la rassegna stampa dei principali quotidiani italiani e europei, oltre che dei costosissimi settimanali (ben 3 euro di Espresso e 3,50 euro di Internazionale risparmiati). Il tutto con comodissimi divani (gratis) e varie fotocopiatrici (a pagamento) a disposizione.

25804748_berlusconi-condannato-la-rassegna-stampa-estera-1

Perché chiacchierare all’aperitivo dell’ultima inchiesta de El País  è decisamente top.

si porta a roma… andare in bicicletta

Se sei un fuorisede fuoriposto che si rispetti, sono quasi sicuro che il tuo mondo è limitato a San Lorenzo, il Pigneto e la città universitaria; con sporadiche incursioni a Ostiense e qualche in giro in centro con gli amici terroni che sono venuti in visita. E ho anche la presunzione di supporre che non hai alcuna voglia di pagare l’abbonamento ai mezzi pubblici né di beccarti qualche multa.

DSC01135

ciclonauti.org, ciclofficina centrale a Roma

Per di più la Peroni ha reso la tua pancia piatta un lontano ricordo d’infanzia ma ti senti stupido quando vai a correre a villa Torlonia, girando in tondo come un criceto. La soluzione a tutti i tuoi problemi è una bicicletta: sana, ipocalorica ed economica. E in più è una buona scusa per rimanere a casa quando piove. Chissenefrega se le piste ciclabili a Roma non esistono e il bike sharing è una buffonata. Tanto le strade sono larghe… e poi una volta si deve morì, no?

Cerchiamo di capire come procurarsela. Se nella tua testa sta passando l’idea di rubarla per strada, allontana quanto prima questa idea oscura: è per quelli come te che nessuno si azzarda a spendere più di 30 euro e andiamo in giro con bici oscene.

c0036d943bd1236a1d7d2413e7a9c864_orig

graziella: per l’uomo che non deve chiedere mai

Non ti azzardare nemmeno a viaggiare fino al Decathlon di Porta di Roma: ti sto per dimostrare che non è necessario. Sparse per Roma (a Monti, a San Lorenzo, sulla Prenestina) ci sono le ciclofficine, dove degli appassionati di biciclette ti danno una mano. In molte di esse funziona così: ci sono dei pezzi, scegli quelli che ti piacciono, componi la tua bici e loro la montano se non sai farlo tu. Te ne esci con un 50 euro e un lavoro fatto bene.

Mountain_bike_jump_23971

breaking news: la buon costume vieta la mountain bike in città

Poi ci sono mercati e mercatini, dal classico Porta Portese al franchising Mercatino che è un po’ ovunque, oppure si può cercare una bici usata sui vari subito.it o ebay.it, magari cercando stesso in città per la consegna a mano. Si narra che sul gruppo fb “Te lo regalo se vieni a prenderlo – Lazio” siano state avvistate anche bici decenti: tentar non nuoce, al limite ci si trova una lampada o un set di figurine. Altra possibilità è farsela regalare da qualche Erasmus. Cerca sui gruppi fb: i nordeuropei arrivano a Roma e ne comprano una, poi quando tornano in patria – se non sono proprio gelidi – invece di venderla la regalano.

In tutto ciò si è diffusa anche l’usanza di vendere biciclette usate (rubate?) lasciandole per strada con un numero appiccicato sopra. Io ne ho avvistate due a piazza Fiume e due su viale delle provincie solo negli ultimi tre mesi. Prezzi tra i 30 e i 50. Baratto 3.0 insomma.

download (1)

Per il modello, mi permetto di fare solo un appunto: la mountain bike ce l’avevi a 15 anni, negli anni ’90. Cercati una graziella, magari col cestino avanti come la Pimpa. Non sembrerai frocio, ma solo irresistibilmente radical chic. Che poi è la stessa cosa, ma tant’è.

Comprata la bici resta il problema di dove metterla. Se hai un cortile interno sei apposto, sennò bisogna caricarsela su ogni volta. Se non ne hai voglia lasciala in strada, legata a un palo della luce con una catena. Se è davvero una lurida bici da fuorisede nessuno si azzarderà a rubarla. La mia coinquilina ce l’ha così fuori casa da un anno, fai un po’ te… l’unica premura sarebbe farsi saldare il sellino. Una volta trovata la posizione ideale, fissalo in una ciclofficina, sennò se lo fregano. È la crisi, bellezza.

pillola capitolina: sacro GRA a #Venezia70

Tra pochi minuti – alle 13.30 – inizia la conferenza stampa di “Sacro GRA“, il docufilm (è una parolaccia?) di Gianfranco Rosi, in diretta dal sito di Rai Movie (mamma Rai pensa anche a noi studenti squattrinati). Ma anche se non avete voglia di sentirvi le frasi fatte del circo mediatico, save the date: il 26 settembre esce in sala e pare sia il miglior italiano in concorso a #Venezia70. Per una volta, sul grande schermo c’è anche la Roma (davvero felliniana?) che Sorrentino non ha raccontato.

si porta a roma… la farmacia vaticana

Il fuorisede fuoriposto è caratterizzato da grandi disponibilità di tempo e piccole disponibilità di denaro. A bilanciare questo squilibrio esistenziale viene in aiuto un’entità inattesa: il Vaticano. O meglio, la farmacia vaticana (ebbene si, esistono i link con il .va). Si spreca tempo (per la fila, per arrivarci) ma si risparmia denaro. Ribaltiamo il privilegio e facciamolo nostro, dei fuorisede squattrinati.

farmacia-vaticana

Basta una qualunque prescrizione medica – no, non la ricetta del SSN, anche il foglio firmato dallo specialista – per avere accesso alle sacre mura. Magari si può riciclare quella dell’antibiotico dell’inverno scorso.

151425651-f626bd4b-e0c8-4fce-80a9-5d2dab7192d3

Come arrivare: venendo dalla fermata della metro Ottaviano o da piazza Risorgimento con il tram 19, prima del colonnato di piazza San Pietro ci si trova una cancello sulla destra, con tanto di gioiose guardie svizzere che si fideranno di te quando dirai di essere lì per la farmacia.

L’impressione è che sul foglio della prescrizione medica può esserci scritto qualsiasi cosa: l’annoiato funzionario al tornello ti darà un pass e si prenderà il documento alla velocità della luce. Una volta dentro, non avrai limiti di movimento. Ma proseguiamo con ordine nell’analizzare le possibilità.

Definire ‘farmacia’ quel posto è molto riduttivo. C’è ogni dispositivo medico possibile e immaginabile – tranne preservativi e pillola del giorno dopo, of course. Anche quel farmaco strano per la povera nonnina malata che hai lasciato nel bosco in Basilicata e che non vai mai a trovare. Niente Iva: qui si fanno grasse risate quando dall’altra parte del Tevere parlano di aumento della tassa.

 Ratzinger_condom

Ma soprattutto in “farmacia” vaticana c’è tutto il trucco e parrucco che una donna – e un uomo – possa desiderare. Il tutto a prezzi più bassi. Con una prescrizione qualunque ti verranno aperte le porte della cosmesi, della vanità e dell’apparire, con tanto di aurea di santità. Risparmiare sul light blue di quei sodomiti di Dolce & Gabbana a pochi passi da Papa Francesco non ha prezzo.

_David_Gandy_DGMa non è finita qui. Dopo aver fatto shopping di detergenti, saponi, mascara e profumi per conto di mamme, sorella, amiche, fidanzate si può continuare a girare all’interno delle mura e imbattersi nel supermercato vaticano: una lunga serie di scaffali pieni di prodotti a prezzi più bassi e popolati da un incredibile numero di voraci monache peruviane.

A volte gli acquirenti sono così anzianI che non ti spieghi come facciano a spingere il carrello che hanno avidamente riempito all’inverosimile. Sarà la (mancata) forza della fede, ma io già mi sento vecchio per i dolori articolari dovuti a due giorni appena di campeggio.

Frati di ogni ordine, suore con tutti i tipi di veli che si possano immaginare comprano gli alimenti più improbabili. E allora immagini le due suorine nere che tornano in convento e si nutrono del sushi surgelato in offerta… e un brivido di trashume ti percorre la schiena.