pillola capitolina: sacro GRA a #Venezia70

Tra pochi minuti – alle 13.30 – inizia la conferenza stampa di “Sacro GRA“, il docufilm (è una parolaccia?) di Gianfranco Rosi, in diretta dal sito di Rai Movie (mamma Rai pensa anche a noi studenti squattrinati). Ma anche se non avete voglia di sentirvi le frasi fatte del circo mediatico, save the date: il 26 settembre esce in sala e pare sia il miglior italiano in concorso a #Venezia70. Per una volta, sul grande schermo c’è anche la Roma (davvero felliniana?) che Sorrentino non ha raccontato.

topografie capitoline vol.2: Parioli e San Lorenzo

Ti trasferisci a Roma, e arriva un momento in cui qualcuno ti chiede il codice di avviamento postale. Magari vieni da un paesino della Basilicata di 800 abitanti e non immagini che una metropoli possa averne anche decine. Contestualmente a questa scoperta – che nel frattempo ti ha sensibilmente cambiato la vita – di solito ne fai un’altra: la tua municipalità.

Nonostante la forma vagamente rotondeggiante della città, però, non funziona ad anelli come nelle vere capitali del mondo, ma a borgate, se manco fossimo rimasti ai comuni feudali. Poi credi che per lo meno tale suddivisione possa avere un senso, ma quando ti dicono che San Lorenzo da qualche settimana è nello stesso municipio dei Parioli, ti accorgi che questa città… un senso non ce l’ha – d’altronde se non ce l’ha la vita, perché dovrebbe avercelo Roma… no, Vasco?

san lorenzo

In ogni caso l’11 marzo scorso è stato deciso che Parioli/Flaminio e San Lorenzo, dalle prossime elezioni comunali di maggio, saranno entrambi municipio II. E fin qui, parliamo di cose note… Meno noto a chi non vive a Roma sarà la stranezza della faccenda, perché i due quartieri sono ciò che di più opposto si possa immaginare. Sono anche tra i più noti e stigmatizzati della città, spesso con luoghi comuni solo in parte agganciati alla realtà, ma comunque divertenti.

flaminio-parioli

Perché se per la strade di san lollo è prevedibile imbattersi in tipi umani con più piercing che capelli – che magari sono verdi -, i pariolini sanno fare il nodo alla cravatta da quando hanno 13 anni, e nei loro armadi c’è un paio di hogan per ogni giorno della settimana. Se a san lollo c’è la Sapienza (o almeno parte di essa) ai Parioli c’è la Luiss. Se le strade di San Lorenzo si chiamano con nomi di popoli barbari, quelle sui monti Parioli si chiamano come marescialli e generali.

Ma volendo andare oltre la superficie, permettetemi una riflessione ardita. Da come la vedo io, i due quartieri sono opposti in base all’approccio che suggeriscono verso la gestione degli spazi. Provo a spiegarmi meglio: a San Lorenzo gli spazi sono vuoti, da riempire, da reinventare ogni giorno, o anche ogni ora. Così “la piazzetta” si rifà il trucco almeno 4 volte al giorno in base a chi la popola: la mattina i vecchietti a prendere il caffè, il pomeriggio la qualunque, la sera tamburelli e musici, la notte tossicomani e più o meno affidabili venditori di fumo.

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Questo è il quartiere dove i teatri diventano cinema autogestiti, i vecchi cinema diventano centri sociali, il pastificio è un palazzo di uffici poco radical e molto chic, in quelle che furono vetrerie ora si tengono lezioni universitarie e i retrobottega di sera sono piccoli teatri.

Insomma, a san lollo quasi niente è ciò che era. De Gregori ci ricorda che il diciannove luglio a San Lorenzo cadevano le bombe come neve. Questo dedalo di stradine è rinato in fretta, e continuerà a farlo.

Ai Parioli invece non si distrugge nulla, e quindi poco si crea: è tutto deciso a monte, e sul monte. Gli spazi hanno esattamente la funzione sociale e topografica che aveva in mente l’urbanista/architetto/ingegnere. Nulla di male in tutto ciò: il tutto è più prevedibile, quindi più efficiente e, in una parola… ricco. Non c’è bisogno di visite papali, qui.

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Perché alla fine tutto si tiene: toponomastica e abitanti, spazi e pratiche, habitat e habitus. Meno male che l’essere umano è nato in movimento e dotato di libero arbitrio, in modo da potersi scegliere la boccia in cui non ci si sente un pesce fuor d’acqua.

topografie capitoline vol.1: roma nord e roma sud

Goethe ce lo dice da secoli: c’è sempre qualcuno “più a nord” di noi. E così, a ogni livello,  i confini simbolici si intrecciano e si sovrappongono. Allora le umanità ne escono divise e unite allo stesso tempo. Ecco l’idea sottesa alla rubrica “topografie capitoline”,

che non può non iniziare con la più classica delle categorie di spazio: il sud e il nord, così caro a leghismi e meridionalismi (che mondo sarebbe senza tutti questi odiosi “-ismi”? -__- ). Beh, se Roma sta un po’ più a nord del  Sud Italia, è anche vero che c’è Roma e Roma, c’è quartiere e quartiere. C’è romasud e romanord, appunto. Arrivi in città e ti accorgi che la location conta più di tante altre cose: cerchi di capire quali siano le zone “giuste” e quelle “sbagliate” e per farlo provi ad affidarti ai romani, i pochi che riesci a beccare in capitale. Capendoci poco, e traendo conclusioni tanto affrettate quanto stupide… eppure in qualche modo bisogna iniziare a orientarsi.

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E allora da Termini in su avremo romanord: soldi, tanti soldi. Al di là del Tevere, verso ovest c’è Prati, che più ricco non si può: via Cola de Rienzo, piazza del Popolo, i ricchi veri insomma, quelli che lo sono da sempre. Quelli che si vanno a fare il pool party con il Papa, per intenderci. Prosegui verso est e ti imbatti nei Parioli, e i fantomatici pariolini. La LUISS, i ricchi insieme agli arricchiti in cima a una collinetta: Heidi senza caprette che fanno ciao, in pratica. Costeggi villa Ada e ti imbatti nel quartiere Salario (che amo intensamente) e nel quartiere Africano. No, qua non ci stanno migranti neri neri, anzi. Ora ci sta anche super metro B1 (metro e autobus a Roma meriterebbero un blog solo per loro per quanto sono divertenti -__- ).

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romasud invece è più variegata. Infatti di solito è romanord ad affermare la propria identità, mentre romasud è un po’ tutto il resto. C’è la Garbatella, che più tipico non si può – i Cesoroni di Mediaset, per intenderci. Poi Trastevere, l’unica zona in cui ho visto i vicoli come a Napoli, e Testaccio e i suoi locali notturni interculturali (latinos soprattutto). Tutte le zone “democratiche”, che siano ricche o meno poco importa. Poi c’è l’immensa municipalità della Tuscolana. La più densamente popolata: ci vivono un sacco di lavoratori. “E sei un po’ fuori, ma da qui con la linea A del metro in un quarto d’ora arrivo a piazza di Spagna”. Effettivamente è così. Poi ci sono negozi, locali e ristoranti. Peccato che il rischio anomia si tagli a fette.

Il sud le distingui dall’architettura, dalle strade un po’ più strette. Tutto un po’ meno sulla difensiva a sud: meno vialoni, meno curve a gomito, meno palazzoni di 10 piani. Poi c’è chi generalizza e allora il discorso si fa ampio. romanord è di destra, romasud è di sinistra. romanord è laziale, romasud è romanista. Senza scomodare Gaber, si potrebbe continuare per altre 3000 battute con le cazzate dei luoghi comuni. Ma direi che per questo volume basta così. Morale della favola? Le zone non sono mai giuste né sbagliate, ma in sto caos che è la capitale, ci sta il quartiere giusto per ognuno… un po’ come l’anima gemella, solo che almeno per quest’ultima c’è Cupido che ci aiuta.