La capitale è piena di mercati e mercatini: temporanei, permanenti, all’aperto o al chiuso. Dell’usato, alimentari, chic e poracci: ce ne sono per tutti i gusti. Ma il più figo di tutti è il mercato etnico di piazza Vittorio. Si tratta di un mercato permanente, al chiuso, su via Principe Amedeo.
Passeggiare tra i – più o meno sporchi – banchi del nuovo mercato Esquilino vuol dire immergersi in un mix incredibile di culture. Qui troverete frutti, spezie, ortaggi che “noi comuni italiani” non possiamo nemmeno immaginare.
La banana si chiama platano, il riso ha mille forme e colori, coi grani di pepe ci potresti dipingere un quadro di Keith Haring per quanti colori ha… mentre i fagioli ti fanno l’occhiolino (non scherzo, si chiamano “fagioli occhio”, a un euro e ottanta al chilo).
Mi perdonerà Castells per l’indebito utilizzo di concetti, ma qui le identità sono più reattive che mai, e le comunità non sono affatto immaginate, ma vive e reali come un tocco di Yuca sbattuto in testa. Basta fare qualche passo per saltare da un continente all’altro. Scambi un paio di battute con la signorona peruviana dell’alimentari, e subito affianco ti immergi nella cucina asiatica: noodles, salsa di soia, gnocchi cinesi… tutto quello che vuoi – sempre a patto che riesci a capire cosa stai comprando, date le etichette rigorosamente in lingua madre.
Poi ci sono tantissimi arabi, i più curiosi sono quelli che vendono solo carne “musulmana”, in pieno accordo con il business del “religion correct”: niente maiale e solo trattata come Maometto comanda. Ogni venditore prova ad attirare la tua attenzione con un accento diverso, spesso in perfetto romanaccio, ma con modi della propria cultura: con garbo e discrezione gli orientali, con irresistibili grida sguaiate gli arabi, con una pacca sulla spalla gli africani.
Negli ultimi anni l’intero quartiere dell’Esquilino è diventato multiculturale, e il mercato etnico è cambiato diventando il mix esplosivo che è ora. Ma affianco alle spezie persiane, tra il macellaio libanese e il fruttivendolo ecuadoreño, continuano la tradizione di famiglia i banchi gestiti da italiani, magari col santino o il calendario di Para Wojtila in bella mostra.
E allora in questo caos etnico puoi fare la spesa più figa del mondo: mezzo chilo di riso thai profumato, due chili di Chayote dal Costarica e tre etti di porchetta direttamente da Ariccia. Perché l’esotico è vicino e lontano: più super (etnico) di così!