si porta a roma… la farmacia vaticana

Il fuorisede fuoriposto è caratterizzato da grandi disponibilità di tempo e piccole disponibilità di denaro. A bilanciare questo squilibrio esistenziale viene in aiuto un’entità inattesa: il Vaticano. O meglio, la farmacia vaticana (ebbene si, esistono i link con il .va). Si spreca tempo (per la fila, per arrivarci) ma si risparmia denaro. Ribaltiamo il privilegio e facciamolo nostro, dei fuorisede squattrinati.

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Basta una qualunque prescrizione medica – no, non la ricetta del SSN, anche il foglio firmato dallo specialista – per avere accesso alle sacre mura. Magari si può riciclare quella dell’antibiotico dell’inverno scorso.

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Come arrivare: venendo dalla fermata della metro Ottaviano o da piazza Risorgimento con il tram 19, prima del colonnato di piazza San Pietro ci si trova una cancello sulla destra, con tanto di gioiose guardie svizzere che si fideranno di te quando dirai di essere lì per la farmacia.

L’impressione è che sul foglio della prescrizione medica può esserci scritto qualsiasi cosa: l’annoiato funzionario al tornello ti darà un pass e si prenderà il documento alla velocità della luce. Una volta dentro, non avrai limiti di movimento. Ma proseguiamo con ordine nell’analizzare le possibilità.

Definire ‘farmacia’ quel posto è molto riduttivo. C’è ogni dispositivo medico possibile e immaginabile – tranne preservativi e pillola del giorno dopo, of course. Anche quel farmaco strano per la povera nonnina malata che hai lasciato nel bosco in Basilicata e che non vai mai a trovare. Niente Iva: qui si fanno grasse risate quando dall’altra parte del Tevere parlano di aumento della tassa.

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Ma soprattutto in “farmacia” vaticana c’è tutto il trucco e parrucco che una donna – e un uomo – possa desiderare. Il tutto a prezzi più bassi. Con una prescrizione qualunque ti verranno aperte le porte della cosmesi, della vanità e dell’apparire, con tanto di aurea di santità. Risparmiare sul light blue di quei sodomiti di Dolce & Gabbana a pochi passi da Papa Francesco non ha prezzo.

_David_Gandy_DGMa non è finita qui. Dopo aver fatto shopping di detergenti, saponi, mascara e profumi per conto di mamme, sorella, amiche, fidanzate si può continuare a girare all’interno delle mura e imbattersi nel supermercato vaticano: una lunga serie di scaffali pieni di prodotti a prezzi più bassi e popolati da un incredibile numero di voraci monache peruviane.

A volte gli acquirenti sono così anzianI che non ti spieghi come facciano a spingere il carrello che hanno avidamente riempito all’inverosimile. Sarà la (mancata) forza della fede, ma io già mi sento vecchio per i dolori articolari dovuti a due giorni appena di campeggio.

Frati di ogni ordine, suore con tutti i tipi di veli che si possano immaginare comprano gli alimenti più improbabili. E allora immagini le due suorine nere che tornano in convento e si nutrono del sushi surgelato in offerta… e un brivido di trashume ti percorre la schiena.

topografie capitoline vol.2: Parioli e San Lorenzo

Ti trasferisci a Roma, e arriva un momento in cui qualcuno ti chiede il codice di avviamento postale. Magari vieni da un paesino della Basilicata di 800 abitanti e non immagini che una metropoli possa averne anche decine. Contestualmente a questa scoperta – che nel frattempo ti ha sensibilmente cambiato la vita – di solito ne fai un’altra: la tua municipalità.

Nonostante la forma vagamente rotondeggiante della città, però, non funziona ad anelli come nelle vere capitali del mondo, ma a borgate, se manco fossimo rimasti ai comuni feudali. Poi credi che per lo meno tale suddivisione possa avere un senso, ma quando ti dicono che San Lorenzo da qualche settimana è nello stesso municipio dei Parioli, ti accorgi che questa città… un senso non ce l’ha – d’altronde se non ce l’ha la vita, perché dovrebbe avercelo Roma… no, Vasco?

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In ogni caso l’11 marzo scorso è stato deciso che Parioli/Flaminio e San Lorenzo, dalle prossime elezioni comunali di maggio, saranno entrambi municipio II. E fin qui, parliamo di cose note… Meno noto a chi non vive a Roma sarà la stranezza della faccenda, perché i due quartieri sono ciò che di più opposto si possa immaginare. Sono anche tra i più noti e stigmatizzati della città, spesso con luoghi comuni solo in parte agganciati alla realtà, ma comunque divertenti.

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Perché se per la strade di san lollo è prevedibile imbattersi in tipi umani con più piercing che capelli – che magari sono verdi -, i pariolini sanno fare il nodo alla cravatta da quando hanno 13 anni, e nei loro armadi c’è un paio di hogan per ogni giorno della settimana. Se a san lollo c’è la Sapienza (o almeno parte di essa) ai Parioli c’è la Luiss. Se le strade di San Lorenzo si chiamano con nomi di popoli barbari, quelle sui monti Parioli si chiamano come marescialli e generali.

Ma volendo andare oltre la superficie, permettetemi una riflessione ardita. Da come la vedo io, i due quartieri sono opposti in base all’approccio che suggeriscono verso la gestione degli spazi. Provo a spiegarmi meglio: a San Lorenzo gli spazi sono vuoti, da riempire, da reinventare ogni giorno, o anche ogni ora. Così “la piazzetta” si rifà il trucco almeno 4 volte al giorno in base a chi la popola: la mattina i vecchietti a prendere il caffè, il pomeriggio la qualunque, la sera tamburelli e musici, la notte tossicomani e più o meno affidabili venditori di fumo.

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Questo è il quartiere dove i teatri diventano cinema autogestiti, i vecchi cinema diventano centri sociali, il pastificio è un palazzo di uffici poco radical e molto chic, in quelle che furono vetrerie ora si tengono lezioni universitarie e i retrobottega di sera sono piccoli teatri.

Insomma, a san lollo quasi niente è ciò che era. De Gregori ci ricorda che il diciannove luglio a San Lorenzo cadevano le bombe come neve. Questo dedalo di stradine è rinato in fretta, e continuerà a farlo.

Ai Parioli invece non si distrugge nulla, e quindi poco si crea: è tutto deciso a monte, e sul monte. Gli spazi hanno esattamente la funzione sociale e topografica che aveva in mente l’urbanista/architetto/ingegnere. Nulla di male in tutto ciò: il tutto è più prevedibile, quindi più efficiente e, in una parola… ricco. Non c’è bisogno di visite papali, qui.

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Perché alla fine tutto si tiene: toponomastica e abitanti, spazi e pratiche, habitat e habitus. Meno male che l’essere umano è nato in movimento e dotato di libero arbitrio, in modo da potersi scegliere la boccia in cui non ci si sente un pesce fuor d’acqua.

si porta a roma… aspettare il Papa

Checché se ne dica, Roma è piena di divertimenti gratuiti. Su tutti, ce n’è uno che capita ogni morte/dimissione di Papa: l’elezione del nuovo Papa. Non che sia piacevole stare un paio d’ore a piazza San Pietro, sotto la pioggia e con tassi d’umidità incalcolabili da nessuna stazione di rilevazione meteo. Però vi confesso che ha il suo perché essere lì, dentro la storia (si, quella che poi i ragazzetti studiano sui libri alle superiori) in mezzo a migliaia di persone.

Ecco, primo punto da chiarire. Le telecamere generano strani effetti visivi: piazza san Pietro non era pienissima. Certo c’era un sacco di gente, ma dato che il totonumeri si fa ad ogni evento di piazza, va detto che i fedeli erano abbastanza radi. Cioè anche gli ultimi arrivati potevano, senza nemmeno spintonare, arrivare a una distanza decente dal balconcino. Insomma, al concertone del primo maggio piazza San Giovanni è molto più inaccessibile. Sarà stato per il tempaccio piovoso, ma che ci crediate o no, i fatti stanno così.

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Forse per lo stesso motivo, la piazza era molto molto giovane. Al di là di ogni mia aspettativa, c’erano un sacco di ragazzi, e anche gruppetti di bimbeminchia urlanti in pieno one direction style. Quello che non ti aspetti. Tanti ispanici invece te li aspetti. Sudamericani a palate, e si sapeva. Ma imbattersi negli spagnoli con la bandiera iberica in pieno mood da stadio davvero ti lascia un po’ basito. Era davvero difficile liberarsi del coro “esta es la juventud del Papa”.

Ma nonostante gli urlatori, il vero vincitore è stato il gabbiano in mondovisione. Altro che papa Francesco, il gabbiano ha davvero vinto. Fino a pochi minuti prima della fumata, un gabbiano bianco (sono quasi sicuro, non era una colomba né aveva il rametto d’ulivo) è stato appollaiato in cima al comignolo più importante del mondo, inquadrato di profilo, in camera fissa, e proiettato sui teleschermi per almeno mezz’ora. Per fortuna lui non doveva recitare preghiere in italiano… chissà se avesse saputo le parole, magari le avrebbe suggerite a Jorge Mario Bergoglio…

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E poi ti guardi intorno e capisci che l’attesa del pontefice è rivelatrice anche dell’ italian style. Fino a 5 minuti prima della fumata, in piazza era complicato acchiappare un connazionale: la maggior parte era nelle strade intorno, chiusi in auto parcheggiate in quinta fila. Sotto la pioggia tutti i turisti, i tedeschi duri e puri insieme ai latinos sempre sorridenti, pure con quel freddo. Gli italiani sempre super comodi e dal parcheggio criminale facile, anche al cospetto dello spirito santo.

Chi è venuto in metro almeno è stato omaggiato dal “premio fedeltà atac“. No, non mi riferisco a qualche tessera coi bollini del latte. Piuttosto i fedeli temerari che si sono buttati nel macello della metro sono stati premiati per l’alto tasso di fedeltà al contempo verso l’atac e verso la chiesa. Nessun biglietto al ritorno: tornelli tutti disattivati alla fermata Ottaviano, decine di omini atac per la sicurezza ma nessuno a controllarci i biglietti. Non metterei la mano sul fuoco rispetto all’aver aperto le acque, ma di sicuro qualcuno lassù apre i tornelli della metro di Roma.

si porta a roma… (non) incontrare i vip

Tutti quelli che vivono a Roma pare che non facciano altro che incontrare Very Important People, questi vip di stoca***, per intenderci. Stando a quello che si sente in giro, anche l’ultimo degli sfigati ha incontrato LAQUALUNQUE. Calciatori, attori, politici, cantanti, giornalisti. Chiunque ha un aneddoto cretino da raccontare su “quella volta che mi sono fatto la foto con…”.

“No vabbé ma al piano di sotto, quando vivevo sulla Tuscolana, c’era Rocco Papaleo che tutte le mattine mi chiedeva l’accendino”. “Qui su via Ostiense dietro casa mia vive Ferzan Ozpetek… si si lo vedo spesso, sempre sorridente”. “Alla pasticceria dove lavoro viene sempre Lucia Annunziata a comprare i dolci, prende sempre i cannoli siciliani a portar via”. “Sono capitata per caso in un locale  a Villa Borghese e c’era Christian De Sica a festeggiare con degli amici… è ancora un bell’uomo!”. Si puo’ continuare all’infinito con le testimonianze di paparazzate alla Corona…

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In quattro mesi in giro per Roma il mio registro dei famosi è desolante: Marina Ripa di Meana a Termini che cinguettava al cellulare e Claudio Lotito – presidente della Lazio – che prendeva un caffè in centro insieme a un paio di sgallettate sconosciute. Faccio notare che, in entrambi i casi, se qualche amico in mia compagnia non mi avesse segnalato la loro presunta “vipposità”, non li avrei manco riconosciuti. Insomma, anche le pantegane che sguazzano nel Tevere hanno visto più vip di me.

E dire che non mi sto chiuso in casa, anzi. Bazzicando spesso in centro sarebbe prevedibile un susseguirsi di “incontri del terzo tipo”. E invece nisba. Pazienza.  Che ne so, mi accontenterei anche di una Benedetta Parodi a caso, di un qualunque tronista di Uomini e Donne. Giusto per prenderli un po’ in giro, farsi una risata e poter dire di vivere nella capitale dello “showbiz” italiano.

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Se ci si ferma un attimo a pensare, in verità , tutta sta faccenda delle paparazzate è vagamente triste. L’impressione è che ci siano più roma, una luccicante e vanitosa, e un’altra opaca e concreta. Una sovrapposta all’altra. E’ come se galleggiassero vicine, si vedono, si percepiscono ma non si incontrano quasi mai. Eppure le strade sono le stesse. Spesso anche i locali. Ma magari sei al posto “giusto”, ma non all’ora “giusta”.

Poi capisci che in fondo in fondo le città si rincorrono, e non possono fare a meno l’una dell’altra. Perché le stelle valgono poco se non c’è qualcuno che le ammiri. Perché chiunque può sentirsi un pizzico più brillante nello sfiorare una stella, o anche solo una cometa passeggera. Tutto fa brodo per vivere qualche sprazzo di dolce vita. Ma anche no…

…in attesa di avvistare il Papa dimissionario a fare shopping al Prada di via dei Condotti. stay tuned.