si porta a roma… lo tsunami tour

Se da Napoli – capitale di un’irresistibile decadenza noir – ti trasferisci a Roma – la capitale vera, dove girano i soldi – credi di andare a vivere in una città ricca. E in parte è così. Poi però, insieme alla primavera, sulla città si abbatte uno tsunami arrabbiato, e allora inizi a capire che non esistono solo i marmi del tuo condominio di piazza Bologna.

No, non è lo tsunami di Grillo a piazza San Giovanni. Lo Tsunami tour di primavera è molto più concreto. Questo sì che è dal basso, dalla carne viva della città. Quella rimasta senza pelle, più sensibile, che dopo aver perso la pelle ha poco altro da perdere.

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Lo Tsunami di primavera ha poco a che fare con il mare, e tanto con la casa. Quella casa che i fuorisede strapagano. Ebbene, la settimana scorsa sono stati occupati decine di stabili disabitati, solo poche decine rispetto alle centinaia di migliaia di soluzioni abitative sfitte o abbandonate sparse per la città. Avrete letto e sentito già tutto sulla questione. Non sto qui a snocciolare dati.

Tra i tanti, lo stabile occupato più bello di tutti è il villino di via Antonio Musa. I ragazzi del progetto Degage hanno fatto proprio il palazzo della regione, pronto a essere venduto a un prezzo irrisorio, per renderlo il nuovo studentato autogestito. Ti hanno assegnato la residenza universitaria a ponte di Nona? Don’t worry, keep calm and occupy Rome.

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Nel pieno del pseudo chic di villa Torlonia, vicino al policlinico e al campus della Sapienza. Qui andrebbero costruite le residenze universitarie,  non fuori dal raccordo, nei nuovi quartieri di Caltagirone dove l’anomia regna sovrana. (a proposito, domani sera la Gabanelli a Report parla proprio dei palazzinari romani: don’t miss it!).

I prof a scuola ci invitavano sempre a fare le domande in classe, ricordate? Dicevano: fatele, perché per ognuno che osa e apre la bocca, ce ne sono altri dieci che sono timidi ma vorrebbero chiedere la stessa cosa. Ecco, funziona un po’ così: dieci stabili occupati non sono nulla a confronto di tutti gli studenti o disoccupati senza un tetto, ma per ogni studente che occupa ce ne sono altri cento che esprimono le stesse istanze.